07/11/2024

GIORNATA INTERNAZIONALE SENZA DEBITI: 1 ITALIANO SU 2 È INDEBITATO

GIORNATA INTERNAZIONALE SENZA DEBITI: 1 ITALIANO SU 2 È INDEBITATO
  • Arriva anche in Italia il 14 novembre la giornata sulla consapevolezza rispetto ai debiti: cosa sono, che conseguenze possono avere e come liberarsene
  • Ben il 62% è preoccupato dalle conseguenze psicologiche sulla propria vita
  • Il 47% dichiara di considerare i debiti un tabù

 

Milano, 7 novembre 2024 – Nel mese dell’educazione finanziaria KRUK, l’esperto del debito che da 9 anni ha imparato a conoscere le abitudini dei consumatori italiani, porta anche nel nostro Paese la Giornata senza Debiti, il 14 novembre, che da 15 anni promuove negli altri Paesi in cui opera, per una maggiore conoscenza su cosa significhi avere dei debiti e quali sono le potenziali complicazioni sia economiche sia psicologiche e sociali. L’esperto sa, infatti, che la realtà quotidiana degli italiani è fatta di debiti - per acquistare una casa più grande, per la riparazione all’auto che si rompe sempre nel momento sbagliato, per il frigorifero scontato durante il Black Friday, per l’ultimo modello di piumino alla moda da rateizzare con i nuovi sistemi di pagamento. E, in occasione della prima edizione della Giornata Senza Debiti italiana, ha voluto indagare più a fondo i comportamenti psico-emotivi degli italiani con i debiti[1], attraverso uno studio condotto da AstraRicerche. Ne emerge che un italiano su due ha un debito e addirittura il 43% di questi ne ha più d’uno. Tuttavia, sono le loro conseguenze psicologiche ed emotive, ancora più che economiche, ad affliggere maggiormente i cittadini.

PARLARE DEI DEBITI È UN TABÙ

Se avere un debito è praticamente normale per gli italiani - visto che uno su due ne ha almeno uno - non è altrettanto scontato parlarne. L’indagine mostra chiaramente che il 47% del campione considera i debiti un tema circondato da silenzio e vergogna e che il 40% non riesce a parlarne con gli altri, amici o famigliari, e preferisce tenere per sé questa “macchia”. L’indebitato si trova di fronte a varie tipologie di conseguenze, che per il 74% sono, come ci si può aspettare, economiche, ma per ben il 62% sono psicologiche, come l’ansia, le conseguenze sulla salute fisica e mentale e il rischio di isolamento, che se sommate a quelle sociali come la compromissione dei rapporti con i familiari, superano quelle economiche (73% totale). L’impatto sulle proprie condizioni di vita è quindi tangibile su più fronti.  

Ancora, gli intervistati se pensano ai debiti provano vergogna e imbarazzo per il 34%, mentre in molti cercano di non pensarci e basta (30%). Uno stato di disagio che si manifesta anche rispetto alle proprie risorse economiche, visto che il 63% è preoccupato di non avere sufficienti risparmi per quando sarà più anziano, e il 39% degli italiani ammette di provare ansia se viene contattato da una società di recupero crediti.

“Parlare di debiti può essere difficile e spesso le persone non sono nemmeno consapevoli di essere indebitate, basti pensare che il 42,5% del campione non sa che la carta di credito è a tutti gli effetti una forma di debito, solo che a un mese di distanza dall’acquisto. E non sono neanche consapevoli delle conseguenze, ormai certe, che possono derivare da debiti non pagati, tra cui l'instabilità finanziaria, le azioni legali e i problemi di credito a lungo termine. Eppure, proprio parlare è il primo passo per trovare una soluzione. La Giornata senza Debiti, il 14 novembre, è l'occasione per iniziare a prendere coscienza, condividere e iniziare a reagire. In quanto osservatori privilegiati dell’andamento dei debiti, possiamo confermare che i privati che risanano la loro posizione finanziaria non solo possono tornare ad avere accesso ad altri prodotti finanziari, perché considerati nuovamente affidabili; ma ritrovano un maggiore benessere. In finanza la ‘speranza’ è una spinta emotiva fortissima, e quando una persona si riabilita vive la gestione economica con più serenità e sicuramente più consapevolezza”, dichiara Tomasz Kurr, Ceo di KRUK Italia.

Più educazione finanziaria = meno debiti?

L’atteggiamento generale verso i debiti è molto variegato. Innanzi tutto, gli italiani si sentono carenti di informazioni e conoscenze, e i debiti vengono visti come qualcosa di misterioso, ma con cui prima o poi bisogna fare i conti.

Quasi un italiano su cinque valuta la sua situazione economica negativa (18%), e il 6% addirittura molto negativa. E per molti di loro in futuro peggiorerà (16%) o resterà invariata (49%). Ma l’italiano medio quanto è conscio del rischio che corre quotidianamente tra spese necessarie e spese impulsive? Sa realmente di avere o non avere un debito? A guardare i dati, una grande parte del campione ritiene di non avere un’adeguata educazione finanziaria. Il 34% non si fida della sua capacità di gestire i propri soldi e il 44% non si sente in grado di trovare una soluzione davanti ad una difficoltà finanziaria, e la poca consapevolezza si vede anche nello scarso interesse nel controllare le proprie entrate e uscite mensili, visto che il 45% dichiara di fare un controllo solo saltuariamente per capire che tipo di spese dovrà affrontare. Questo poco controllo delle finanze si tramuta poi in acquisti impulsivi per il 53%.

Ma quali sono i motivi che spingono gli italiani a contrarre un debito, senza sapere ciò che questo comporterà? La top five delle ragioni per cui ci si indebita vedono al primo posto, con il 36%, acquisti importanti per i quali non si hanno liquidità, al secondo posto l’aumento del costo della vita (24%), al terzo posto addirittura un debito contratto per ripagare un altro debito (14%): subito fuori dal podio, con il 13%, chi si trova costretto ad affrontare i debiti dei famigliari. In media, comunque i debiti attivi vanno ad occupare una grande parte delle entrate mensili (44%).

LA SPERANZA NELLE NUOVE GENERAZIONI

Più di un giovanissimo su due (parliamo della fascia 18 – 24 anni) ammette di avere un debito (47%): questa è la generazione che più agevolmente sfrutta i nuovi sistemi di pagamento, come il Microcredito utilizzato da loro più della media della popolazione. Ma la fascia più giovane della popolazione dimostra di essere anche tra le più interessate a capirne di più (70%), per un maggiore senso di precarietà o per cercare un metodo per assicurarsi un futuro più roseo dei propri genitori, dal punto di vista debitorio  e vorrebbero che fosse la scuola secondaria e all’università ad occuparsi della loro educazione finanziaria (48%) un pensiero condiviso anche dal resto degli italiani (38%). Ad occuparsi di educazione finanziaria dovrebbero essere anche le banche (in particolare per i 55-65enni, al 41%) e gli istituti finanziari, mentre sul 3° gradino del podio troviamo le famiglie (34%). Tornando ai giovani, sono la fascia di popolazione che ha più fiducia nel proprio futuro finanziario, un aspetto importante che deve essere coltivato a cominciare da una gestione autonoma del proprio budget. Sì, perché facendo pratica sul campo si impara, spiega l’esperto. Dato che il 58% dei giovanissimi ha ancora il conto in condivisione con altri o addirittura gestito da altri, più difficilmente imparerà come gestire il denaro.

“Dalla ricerca emerge forte la necessità di una educazione finanziaria, per tutti ma in particolare per i più giovani che al momento sono poco preparati, e ne sono consapevoli tanto da dichiarare una scarsa fiducia nella loro abilità di gestione delle finanze e una grande confusione sugli strumenti da utilizzare per poter migliorare la loro situazione economica. E questa loro impreparazione si nota anche da come agiscono: sono i più impulsivi negli acquisti, non fanno budget di previsione di spese e controllano raramente le loro entrate e uscite. Ma fortunatamente sono davvero desiderosi di apprendere e migliorare le loro competenze, anche perché sono i più spaventati dalle conseguenze psicologiche derivanti dal contrarre dei debiti”, dichiara Cosimo Finzi, CEO di AstraRicerche.

 


[1]Questionario somministrato a un campione di 1247 persone, di età tra i 18 e i 65 anni, sia uomini che donne, tra il 18 e 22 ottobre, con un sovracampionamento in Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia

 

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