Ferdinanda Tanganelli: Nuova direttiva NPL: opportunità e aspetti critici (Azienda Banca)
Nuova direttiva NPL: opportunità e aspetti critici
di Ferdinanda Tanganelli, Head of Legal KRUK Italia
L’8 dicembre 2021 l’Official Journal ha lanciato una stimolante sfida a tutti gli operatori europei del settore NPL, invitandoli a recepire nei vari ordinamenti locali la Direttiva 2021/2167 UE oramai comunemente conosciuta come “Direttiva credit servicers and purchasers’’ o “Direttiva NPL’’.
Le varie giurisdizioni europee dovranno recepire tale direttiva entro il prossimo dicembre, scadenza sempre più alle porte in un contesto locale caratterizzato dal recente insediamento del nuovo Governo, aumentando in questo modo la curiosità degli operatori presenti in Italia.
Impatto sulla terminologia di settore
La normativa è molto estesa e, già da una prima lettura del testo, l’attenzione si focalizza sulla volontà – o forse, ancor meglio, la necessità – di intervenire sulla terminologia di settore per classificare in maniera univoca gli attori coinvolti che, quindi, sono:
i) il “gestore di crediti”, ossia l’operatore al quale vengono demandati compiti volti al recupero, alla rinegoziazione dei crediti deteriorati e di informativa nei confronti dei debitori e che dovrà ottenere un’autorizzazione preventiva rilasciata dall’Autorità competente dello Stato Membro d’origine;
ii) il “fornitore di servizi”, ovvero l’operatore che supporta il gestore per lo svolgimento di una parte delle attività a quest’ultimo demandate;
iii) l’“acquirente di crediti’’.
Regole più trasparenti grazie a standard europei
Proseguendo nell’analisi del testo si palesano in maniera chiara gli obiettivi sostanziali individuabili nell’elenco di regole trasparenti per la cessione degli NPL attraverso l’introduzione di standard europei per la gestione dei crediti e la semplificazione e armonizzazione dei requisiti di accesso e di operatività per i soggetti che prestano attività di recupero.
Consulenti del credito verso il debitore
In tale quadro, mirato ad apparire come un intervento globale teso alla trasparenza unitaria nel settore, leggiamo un focus peculiare sul rapporto con i debitori in relazione ai quali il gestore dovrà operare con professionalità e buona fede, instaurando e garantendo un dialogo privo di molestie, coercizioni o indebito condizionamento.
Il tutto fornendo informazioni che non siano fuorvianti, poco chiare o false, rispettando la loro privacy e ponendosi sempre di più come consulenti del credito in grado di illustrare al debitore la sua situazione concreta e di individuare congiuntamente la migliore soluzione.
L’esperienza italiana
Le iniziative di educazione finanziaria sulle quali, nelle diverse sfaccettature, molti player locali stanno già investendo, anche con il supporto dell’associazione nazionale di categoria, sposano già da tempo questa impostazione che la Direttiva desidera implementare, anche alla luce dell’adozione di un Codice di Condotta che rappresenta il vademecum ufficiale e certificato da rispettare nelle attività di recupero crediti e che quindi, in tempi non sospetti, ha anticipato buona parte di quanto ora prescritto direttamente dalla Direttiva stessa: sotto questo punto di vista, possiamo quindi constatare che il nostro paese si posiziona virtuosamente rispetto al suo recepimento.
Il contratto di gestione del credito
Una ulteriore spinta innovativa - che auspichiamo non incontri alcuna difficoltà nella fase di implementazione locale per non snaturare uno degli scopi primari della Direttiva, che è proprio quello di andare oltre i singoli mercati nazionali, superando i loro confini geografici - riguarda la volontà di addivenire a una progressiva tipizzazione del contratto di gestione del credito stipulato tra gestore e acquirente. Tale contratto dovrà prevedere:
(a) una descrizione dettagliata delle attività di gestione dei crediti che saranno svolte dal gestore;
(b) il livello di remunerazione del gestore di crediti o i criteri attraverso i quali esso sarà calcolato;
(c) le modalità con cui il gestore di crediti può rappresentare l’acquirente di crediti nelle relazioni col debitore;
(d) un impegno delle parti a rispettare le leggi dell’Unione e nazionali applicabili ai diritti di un creditore in virtù di un contratto su cui si basa il credito stesso, anche per quanto riguarda la tutela dei consumatori e la protezione dei dati;
(e) una clausola che richiede un trattamento equo e diligente dei debitori;
(f) l’obbligo di conservazione relativo alla corrispondenza pertinente del gestore di crediti con l’acquirente di crediti e il debitore, e le istruzioni degli acquirenti di crediti per un periodo fino a 10 anni.
In termini generali, questa direzione potrà facilitare le negoziazioni dei contratti senza quindi generare squilibri nella relazione commerciale tra due soggetti che hanno il comune interesse di mantenere proficua e stabile nel tempo per non intaccare il perseguimento dei propri obiettivi che, non possiamo nasconderlo, sono certamente interconnessi.
La Direttiva interviene anche con obblighi in capo agli enti creditizi che dovranno fornire un set di informazioni peculiari atte a permettere un’attenta e accurata due diligence, nonché segnalare e riportare all’autorità competente anche i flussi di cessioni definite con gli acquirenti.
Conclusioni
Ma nel fare un bilanciamento tra punti di forza e criticità, quali sono gli aspetti su cui vale la pena focalizzarsi e riflettere? Le aspettative, certamente positive, riguardano i requisiti che i gestori dei crediti dovranno soddisfare e che, nella realtà nazionale già caratterizzata da una “market practice’’ oramai consolidata, appaiono agevoli da ricoprire, facilitando il loro impegno a investire costantemente nella propria immagine per accrescere la fiducia sia verso gli acquirenti che, soprattutto, verso i debitori.
Quello che, al contrario, può destare qualche preoccupazione riguarda la scelta del legislatore comunitario di voler improntare e ricondurre tutta l’attività a un regime autorizzativo e di vigilanza al momento non in vigore nella maggior parte degli stati europei (al contrario dell’Italia nella quale Banca d’Italia e Questure già vigilano, rispetto alle operazioni di cartolarizzazione, sull’attività di intermediari finanziari e di special servicers) paventandosi la difficoltà in tali realtà extraconfine nella fase di implementazione e “messa a regime’’, con il rischio quindi di impattare sull’obiettivo di uniformità geografica.
Alla luce di quanto sopra, possiamo concludere che la fotografia attuale visualizza tutti gli operatori nazionali in una posizione di attesa e riflessione rispetto all’interrogativo, comune a tutti, di comprendere se tale regolamentazione europea si prospetterà come opportunità o minaccia: non ci resta quindi che aspettare qualche mese, stay tuned!